6. Plasmidi e Batteriofagi
Anche per le biotecnologie microbiche alimentari è interessante tenere presente che nelle cellule microbiche, in aggiunta al DNA cromosomiale, possono ricorrere altri elementi genetici: plasmidi e virus batterici (batteriofagi).
I plasmidi sono, nella quasi totalità dei casi noti, delle molecole di DNA a doppia elica, circolari covalentemente chiuse, come il cromosoma procariotico, ma di dimensioni molto più ridotte, variabili e pari a massimo un decimo del cromosoma.
La figura che segue ne ripropone l'aspetto.
Come il cromosoma, essi possono assumere una configurazione circolare aperta ("released" o "open circular"), oppure superavvolta ("supercoiled").
Le figure che seguono riportano belle immagini delle due forme.
Tutti i plasmidi sono dei "repliconi", cioè sono capaci di replicazione autonoma. Questa avviene, partendo da un sito Ori, con le stesse modalità che si verificano nella duplicazione del cromosoma.
La figura successiva riproduce eventi di replicazione di plasmidi.
Nella stessa cellula possono
esistere più copie dello stesso plasmide, in numero
generalmente tipico ("copy number") che è inversamente
proporzionale alla dimensione: da 5 a 50 copie per plasmidi di
massimo 10 Md, una sola copia per "large plasmid" di dimensioni
superiori a 50 Md.
La dimensione dei plasmidi può essere determinata attraverso
diversi metodi: molto semplicemente, co-elettroferizzandoli con una
miscela di plasmidi di dimensioni note.
Nella figura successiva, un plasmide (corsia b) portato dal ceppo NWC 226 di Enterococcus faecalis, isolato da coltura naturale in siero utilizzata come starter nella preparazione della Mozzarella di bufala campana, è affiancato ai plasmidi (corsia a), di dimensioni note, del ceppo V517 di Escherichia coli.
Molti plasmidi sono
"trasmissibili": una loro copia può essere trasferita in
un'altra cellula. Sono detti "coniugativi" quelli trasmissibili per
coniugazione. Il fattore F di
Escherichia
coli ne costituisce l'esempio
più noto. Ma esistono plasmidi trasmissibili non coniugativi,
detti "mobilizzabili", che vengono trasmessi dopo ricombinazione coi
coniugativi.
Le figure che seguono riguardano
il trasferimento da cellula a cellula di plasmidi
coniugativi.
Sono noti molti casi di
trasmissione fra ceppi della stessa specie e di trasmissione
inter-specifica.
Questo fenomeno di "genes transfer" è sicuramente alla base
della formazione naturale di nuovi ceppi microbici. Ma la presenza di
certi plasmidi in una cellula impedisce l'acquisizione stabile di
altri ("plasmidi incompatibili").
Da questo punto di vista, tutti i plasmidi possono essere inclusi in
specifici gruppi di incompatibilità.
Alcuni plasmidi sono in grado di integrarsi nel cromosoma: sono detti "episomi": il fattore del sesso di E. coli è anche un esempio di questo genere.
In aggiunta ai geni necessari per
l'autoreplicazione ed eventualmente per il trasferimento coniugale
(OriT
o
mob),
i plasmidi portano sempre altri geni, codificanti per prodotti genici
in genere non indispensabili all'esistenza della cellula.
Per questo motivo vengono considerati elementi genetici
accessori.
Nella tabella che segue sono riportati esempi di fenotipi conferiti da plasmidi.
Fenotipo |
Elemento genetico |
Microrganismo |
Produzione di antibiotico |
SCP1 |
Streptomyces coelicolor |
Antibiotico-resistenza |
RP4 |
Pseudomonas aeruginosa |
Resistenza al batteriofago |
pNP40 |
Lactococcus lactis |
Produzione di batteriocina |
p9B4-6 |
Lactococcus lactis |
Trasferimento coniugale |
F |
Escherichia coli |
Cristallo proteico insetticida |
pHD2 |
Bacillus thuringiensis |
Competenza ecologica nel suolo |
pRtrW14-2c |
Rhizobium leguminosarum |
Produzione di emolisina |
pJH1 |
Enterococcus faecalis |
Degradazione dell'erbicida 2,4-D |
pJP4 |
Alcaligenes eutrophus |
Fermentazione del lattosio |
pLM3601 |
Lactococcus lactis subsp. cremoris |
Resistenza ai metalli pesanti |
pMERPH |
Pseudomonas sp. |
Fissazione dell'azoto |
pIJ1007 |
Rhizobium leguminosarum |
Nodulazione |
pPN1 |
Rhizobium trifoli |
Degradazione di alcaloidi |
pRme41a |
Rhizobium meliloti |
Formazione di tumori |
Ti plasmid |
Agrobacterium |
Produzione di proteasi |
pLM3001 |
Lactococcus lactis |
Produzione di feromoni |
pAD1 |
Enterococcus faecalis |
Produzione di sideroforo |
pDEP10 |
Escherichia coli |
Tolleranza a NaCl |
pRtrW14-2b |
Rhizobium leguminosarum |
Degradazione del toluene |
Tol plasmids |
Pseudomonas putida |
Virulenza |
pX01 |
Bacillus anthrracis |
Sono detti "criptici" i plasmidi a fenotipo sconosciuto.
In molti batteri lattici sono stati rinvenuti diversi plasmidi.
La tabella che segue riporta le classi dimensionali dei plasmidi rinvenuti da McKay e Coll. in ceppi di lattococchi.
Specie e Ceppo |
Plasmid size (Md) |
Lactococcus lactis subsp. lactis |
|
C2 |
1, 2, 5, 12, 18, 30 |
ML3 |
1, 2, 5.5, 33 |
M18 |
1, 4.5, 25, 29, 45 |
C10 |
1, 4.5, 25, 40 |
C20 |
1.5, 2.2, 23, 29 |
Lc. lactis biovar diacetylactis |
|
18-16 |
3, 3.4, 5.5, 6.4, 28, 41 |
DRC-3 |
1.8, 3.2, 3.5, 5.5, 16.5, 34, 52 |
11007 |
4.8, 5.5, 18, 26,5, 32 |
WM4 |
3.7, 4.5, 5.5, 24,4, 28 |
Lc. lactis subsp. cremoris |
|
B1 |
9, 36 |
C3 |
2, 2.8, 12, 16, 27, 34 |
AM2 |
9.5, 16.4, 27, 42 |
EB7 |
1.2, 1.5, 4, 5, 9, 20, 27, 30, 40, 42 |
Z8 |
1.9, 2.6, 7, 11, 17, 27 |
R1 |
1.5, 1.8, 2, 6.5, 11, 15, 17, 23, 27, 30, 34 |
In questo gruppo di microrganismi, di grande interesse per l'industria alimentare, molte funzioni fenotipiche di interesse tecnologico sono codificate da geni a localizzazione plasmidica.
La tabella che segue ne ricorda le più importanti.
Metabolismo del lattosio |
Attività proteolitica |
Resistenza all'infezione fagica |
Utilizzazione dell'acido citrico |
Produzione di batteriocine |
Resistenza ad antibiotici |
Produzione di polisaccaridi esocellulari |
Resistenza a sali di metalli pesanti |
La figura che segue riporta funzioni rinvenute in vari microrganismi, dipendenti da geni plasmidici.
E' importante ricordare che l'instabilità fenotipica dei caratteri determinati da geni plasmidici può essere comunemente dovuta a perdita del relativo plasmide, in genere attribuibile ad un basso "copy number", all'assenza di sincronismo con la replicazione del cromosoma (inefficienza della funzione par, responsabile della ripartizione dei plasmidi fra le cellule figlie) ed all'assenza delle pressioni selettive che inducono le cellule a conservare gli elementi genetici utili.
Esistono protocolli sperimentali
per privare le cellule dei loro plasmidi.
Il processo è detto "curing".
La perdita di plasmidi può ricorrere anche nel corso dello sviluppo di colture starter.
In questi casi, se i plasmidi portano geni che codificano per attività tecnologicamente rilevanti, si verifica ciò che viene indicata come "starter failure".
La figura che segue ricorda i problemi che possono insorgere con la divisione cellulare nei riguardi della ripartizione dei plasmidi.
I batteriofagi sono virus batterici e possono essere considerati elementi genetici che hanno sviluppato la capacità di sopravvivere all'esterno delle cellule provvedendosi di un capside proteico di protezione.
Come tutti gli altri virus evolvono lasciando che il loro genoma possa modificarsi; e come tutti gli altri virus non hanno metabolismo proprio, ma si moltiplicano a spese delle cellule-ospiti, di cui provocano, in definitiva, la lisi.
Nelle figure che seguono sono ricordati i vari tipi di virus.
Nella figura che segue sono riuniti schemi relativi a morfologia e dimensioni di vari vurs.
Le proporzioni fra la cellula di Escherichia coli, Bdellovibrio bacteriovorus (un suo parassita schizomicetico) ed i suoi batteriofagi sono deducibili dalla figura che segue.
Nei colifagi della serie T pari, come anche in altri fagi muniti di coda,ricorrono strutture caratteristiche, ricordate nella figura che segue.
Queste strutture sono spesso ben visibili al microscopio elettronico, come si può rilevare dalle immagini che seguono.
Il numero di particelle fagiche prodotte per ogni particella infettante ("burst size") è caratteristico di ciascun batteriofago. Esso può giungere a 10.000.
La loro "genome size" può variare da 1,8 a 200 Md.
Il materiale genetico è costituito, in più del 90 per cento dei casi, da DNA a doppia elica.
La diversità morfologica è piuttosto limitata.
La figura che segue è una bellissima immagine del colifago T4, il più conosciuto di tutti, alle prese col riconoscimento del sito recettore dell'ospite.
Di seguito è riportata un'altra bellissima immagine relativa a particelle di T4 adsorbite su una cellula di Escherichia coli.
I batteriofagi possono essere distinti in "litici" o "virulenti" e "temperati" o "lisogenici".
Le due figure che seguono possono servire per ricordare i diversi tipi di cicli biologici.
Batteriofago virulento
Batteriofago temperato
Il ciclo del colifago T4 è completamente noto.
Esso è ricordato nella figura che segue.
Si ricordi che i fagi "trasduttori" possono essere responsabili di processi di ricombinazione genetica.
Allo scopo si ripropone la figura
dedicata al processo di trasduzione.
Lo studente ricorderà le differenze ricorrenti nella
trasduzione "generalizzata" rispetto a quella "specializzata", detta
anche "sito-specifica".
La condizione lisogenica di una coltura microbica può essere accertata inducendo l'escissione del profago dal cromosoma dell'ospite ed il successivo ciclo litico mediante raggi UV o con Mitomicina.
Nella figura successiva è riportato un esperimento di induzione con Mitomicina eseguito con un batterio lattico isolato da colture naturali in siero. Si può rilevare l'effetto dell'antibiotico sulla curva di crescita rispetto alla coltura controllo.
I fagi possono essere contati impiegando una tecnica non molto diversa da quella utilizzata per il conteggio in piastra dei batteri.
La figura che segue schematizza la procedura per la determinazione del numero di "Plaques Forming Units" (PFU).
Lo studente deve inoltre ricordare
che nei processi della Microbiologia industriale, i batteriofagi
possono essere responsabili di casi di "starter failure".
La loro origine, negli ecosistemi tecnologici, può essere
costituita dalla stessa coltura starter, qualora lisogenica, o
derivare dall'ambiente.
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