Il giallo “problematico”

A differenza del giallo classico e dell’hard boiled dove l’investigatore alla fine giunge in un modo o nell’altro alla soluzione del caso, con il giallo “problematico” prende vita una nuova figura di detective: quello che, suo malgrado, non riesce a risolvere i casi e a scoprire il colpevole perché si trova ad agire contro elementi che lo sovrastano e di cui egli stesso ignora l’esistenza.

Questo cambio di prospettiva si spiega con la crisi definitiva del modello positivista ottocentesco di cui abbiamo parlato nel capitolo dedicato al giallo deduttivo. A partire dai primi decenni del 1900 gli sviluppi del pensiero filosofico e scientifico[1] demoliscono i tratti essenziali del pensiero positivista: la fiducia illimitata nel progresso scientifico e nella razionalità umana. In altre parole: la realtà delle cose non è più oggettiva, ma è caotica e per giunta l’agire umano è spinto da pulsioni irrazionali, quindi molto spesso entrambe sono difficilmente indagabili e tantomeno spiegabili.

L’indagine diventa quindi per lo scrittore il pretesto per costruire una metafora di ricerche diverse e il testo poliziesco rivela significati nuovi: la ricerca diventa interiore, un viaggio nell’irrazionalità umana e nelle sue contraddizioni spesso irrisolte. Questi temi troveranno una maggiore diffusione all'interno del genere noir.

L’esempio più rappresentativo di questo sottogenere è il racconto La promessa (1958) dello scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt.
Nell’edizione italiana il sottotitolo è Un requiem per un romanzo giallo che sta a sottolineare il fatto che con questo racconto viene definitivamente demolita una delle colonne portanti del giallo classico: la scoperta del colpevole.

La copertina dell’edizione tedesca de La promessa

La trama è abbastanza convenzionale, almeno all’inizio: l’ispettore Matthäi, poliziotto duro e insensibile, alle soglie della pensione rimane particolarmente scosso dall’omicidio di una bambina di sette anni. Di fronte alla disperazione dei genitori della giovanissima vittima promette di catturare l’assassino a qualunque costo. Così anche quando il principale sospettato dell’omicidio si suicida dopo l’arresto e l’indagine viene chiusa con grande soddisfazione di tutti, Matthäi non si accontenta e continua a cercare testardamente il vero colpevole. Dedica a questo scopo il resto della sua vita, anche dopo essere andato in pensione, ma finirà vittima della sua folle ossessione perché non riuscirà, a causa di alcune coincidenze fortuite, a portare a termine la sua impresa. Il vero colpevole quindi non verrà mai trovato.

Il racconto è stato riproposto anche al cinema e in televisione:

  • Il mostro di Mägendorf, di Ladislao Vajda (1958).
  • La promessa, sceneggiato televisivo di Alberto Negrin con Rossano Brazzi (1979)
  • La promessa, di Sean Penn, con Jack Nicholson (2001).