Ciccio Ingravallo

Flavio Bucci nei panni del Commissario Ingravallo

Nell’Italia del 1957 Carlo Emilio Gadda crea il personaggio di un investigatore che coniuga alcune delle caratteristiche dei detective “classici” con un’inedita visione del mondo. Il romanzo si intitola “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” ed è una delle opere più originali e particolari del dopoguerra.

L’azione si svolge a Roma nel 1927, durante i primi anni del fascismo. Il commissario di Polizia Ingravallo indaga su un furto di gioielli ai danni di un’anziana donna, la vedova Menegazzi che vive in un tetro palazzo di via Merulana 219, noto come “Palazzo degli Ori” . In seguito nello stesso palazzo viene uccisa la moglie di un uomo ricco, la signora Balducci. La narrazione parte con la descrizione dell’ambiente attorno alla signora Balducci e si allarga fino ad uscire dalla Capitale e ad includere una folla di personaggi minori. Il giallo sembra nn avere soluzione e non si chiude con la scoperta del colpevole. Secondo la concezione di Gadda la realtà è troppo complessa e caleidoscopica per essere spiegata e ricondotta ad una logica razionalità. Per lui la vita è un caos disordinato di cose, persone e linguaggi.

Il romanzo si apre con un lungo paragrafo introduttivo, dedicato alla presentazione del protagonista-investigatore don Ciccio Ingravallo. Oltre alla descrizione fisica, ai dati anagrafici, alla posizione sociale del “comandato della mobile” , sembra far parte integrante del personaggio anche una singolare attitudine verso il mondo in generale e in particolare nello svolgimento del suo mestiere. Come nella tradizione dei più famosi detective, don Ciccio non è una persona comune: molisano trentacinquenne, nero di capelli, dinoccolato, un po’ scorbutico e incline alla meditazione. Le sue idee gli meritano la fama canzonatoria di filosofo: dove gli altri vedono una causa unica, egli vede un groviglio di concause; dove gli altri vedono un movente elementare, egli vede il segno di un nodo psicologico, con implicite origini sessuali.

Un delitto non è insomma il frutto di una sola causa, alla quale si può risalire con il solo aiuto del ragionamento come avrebbe fatto Sherlock Holmes, ma è il prodotto di una matassa ben più complessa - un “pasticciaccio” appunto - di fattori, composta di sentimenti e pulsioni intrinseci alla natura umana.

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